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Come nel resto della Svizzera, anche in Ticino la banca ha due certificati di nascita. Dapprima nacque, all’inizio degli anni Trenta di quel secolo, come Cassa di risparmio. Nel 1861, invece, rinacque, per così dire, come Banca cantonale. La Cassa di risparmio era una banca sui generis, in quanto si limitava a raccogliere i modesti risparmi dell’economia cantonale per finanziare le attività dello Stato facendo pagare all’ente pubblico un tasso di interesse leggermente inferiore a quello che avrebbe dovuto versare indebitandosi presso i privati. L’attività della Cassa di risparmio era dunque limitata sia rispetto alla raccolta di capitali, sia rispetto al loro impiego. La Banca cantonale, che riprese quel che rimaneva della Cassa di risparmio, fu invece, sin dall’inizio, un istituto con sportelli aperti al pubblico, abilitato a condurre tutte le operazioni bancarie, limitatamente però al territorio del Canton Ticino. È indubbio che lo sviluppo del settore bancario costituisca una parte importante della storia economica del Cantone degli ultimi 150 anni. Tuttavia sinora la banca ticinese non aveva interessato, in modo particolare, gli storici che si erano curati dell’Ottocento e della cosiddetta fase del decollo dell’economia ticinese. Non esisteva finora, nella bibliografia degli scritti storici sulla banca ticinese, un’opera che, come quella di Nosetti, si occupasse, ad un tempo, e della storia dello sviluppo degli istituti e di quella del settore, operando con due ottiche: la prima, diciamo così micro-economica, focalizzata sul funzionamento degli istituti; la seconda, più meso-economica, concentrata sull’analisi del rapporto tra le banche e lo sviluppo dell’economia. La storia della banca ticinese di Nosetti che, è bene precisarlo, tratta dell’evoluzione di questo settore fino all’inizio del secondo conflitto mondiale, è divisa in tre parti. La prima è dedicata all’evoluzione dalla nascita della prima banca alla prima guerra mondiale mentre la terza illustra l’evoluzione nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. Tra queste due parti dedicate all’evoluzione di un periodo abbastanza lungo si inserisce la seconda, che invece considera praticamente un solo avvenimento: il fallimento di due banche e la liquidazione di una terza, tutte sopracenerine, all’inizio del 1914. Perché dedicare uno spazio così importante all’esame della crisi bancaria del 1914? Pensiamo per due ragioni. In primo luogo per la portata della stessa. Ma poi anche perché la crisi del 1914 determinò, nei decenni che seguirono, una ristrutturazione profonda del settore bancario ticinese. Il testo di Nosetti è completato da 24 allegati statistici, tabelle e grafici, illustranti aspetti particolari dell’analisi. Ma torniamo alla prima parte, vale a dire alla storia dell’evoluzione del settore bancario nella seconda metà dell’Ottocento e nel primo decennio del ventesimo secolo. Dal 1858 al 1903 vengono create in Ticino otto banche, quattro nel Sopraceneri, quattro nel Sottoceneri. Di questi istituti, oggi, non ne sopravvive nessuno. Il primo a sparire fu la banca Agricola Commerciale di Lugano, fondata nel 1903 e ripresa dal Credito Ticinese nel 1908. L’ultimo a cessare la sua attività è stata la Banca della Svizzera Italiana, fondata nel 1873 e ripresa da EFG International nel 2017. La storia delle banche ticinesi, prima del primo conflitto mondiale, è la storia dello sviluppo di questi otto istituti. La loro attività si distingue chiaramente in primo luogo per la diversa localizzazione, ma poi anche per caratteristiche che risalgono al management o alla missione assegnata a ciascuna di loro. Vi erano per esempio banche di emissione, ossia che emettevano moneta (almeno fino a quando, nel 1907, non fece la sua apparizione la Banca nazionale che ricevette il monopolio dell’emissione di moneta). Mentre vi erano banche che si concentravano sul mercato ticinese (la Banca cantonale doveva addirittura farlo per disposizione statutaria) o che erano attive anche in Italia o, addirittura, in questo periodo, negli Stati Uniti, in particolare in California. Nosetti presenta l’evoluzione di ciascuna banca analizzando le maggiori componenti dei suoi conti. In seguito cerca anche di fare il bilancio dei rapporti di queste banche con l’economia ticinese, da un lato, e con l’economia italiana dall’altro, sia per quanto riguarda la raccolta di capitali, sia, naturalmente, per quel che concerne il loro collocamento. Una delle caratteristiche del primo periodo di sviluppo dell’attività bancaria è rappresentata dal fatto che i rapporti con il mondo bancario di oltre San Gottardo, se si eccettua l’arrivo in Ticino di qualche dirigente, non sono molto importanti. La prima filiale di banca svizzera si istallerà in Ticino solo nel 1908. Per dare un’idea di come l’attività bancaria si sviluppa, tra il 1860 e la Prima guerra mondiale, ricorderemo che la cifra di bilancio complessiva crebbe da 4 milioni, nel 1860, a 145 nel 1910, vale a dire a un tasso annuale vicino al 7.5%. Nello stesso periodo la cifra di bilancio del settore bancario elvetico crebbe al tasso annuale del 6.1%. La terza parte della storia bancaria di Nosetti concerne il periodo tra le due guerre mondiali. Come si sa, la Grande guerra doveva cambiare sostanzialmente la situazione in materia di politica monetaria per la Svizzera. All’uscita della stessa, infatti, cessava di esistere la cosiddetta Unione monetaria latina che aveva riunito Belgio, Francia, Italia e Svizzera per 50 anni circa attorno alla divisa francese imponendo praticamente una politica monetaria comune e tassi di cambio praticamente fissi. La Svizzera riacquistava quindi la capacità di dettare la propria politica monetaria e questo fatto, unito alle difficoltà economiche di cui soffrivano la maggioranza dei Paesi che avevano partecipato alla guerra, portò rapidamente a un rafforzamento del franco svizzero e all’estensione dell’attività delle banche svizzere oltre i confini nazionali. In questo periodo, inoltre, il settore bancario svizzero si assesta: nascono le grandi banche che hanno filiali in più Cantoni, viene creata l’associazione bancaria svizzera, la Banca nazionale si afferma adagio adagio anche come istituto di controllo dell’attività bancaria e, nel 1934, entra in vigore la prima legge sulle banche. Anche se, come già era stato il caso per il periodo precedente la Prima guerra mondiale, continuava a disporre di risorse che superavano la capacità di assorbimento regionale, il settore bancario ticinese, memore del cataclisma del 1914, non seguì, nel periodo interbellico, la tendenza all’internazionalizzazione dell’attività delle grandi banche. È vero che, nonostante l’accresciuta prudenza nei collocamenti, si continuò a investire sia nel resto della Svizzera, sia in Italia. Ma, contrariamente al primo periodo di sviluppo, i mezzi investiti in Svizzera diventarono più importanti di quelli investiti in Italia. Anzi, l’Italia cominciò a diventare un fornitore di capitali avviando una tendenza che si svilupperà in proporzioni inattese dopo la Seconda guerra mondiale. In questo secondo periodo, la cifra di bilancio delle dieci banche esaminate da Nosetti, salì da 91 milioni nel 1914, a 265 milioni alla fine del 1939. Il tasso di crescita annuale della cifra di bilancio quindi si ridusse, anche per le difficoltà determinate dalla crisi economica mondiale della prima metà degli anni trenta, al 4.2%. Ma, a livello nazionale, la riduzione nel tasso annuale di crescita della cifra di bilancio delmeremo qui ricordando ancora che la sua storia delle banche ticinesi, di fatto, non ha che due limiti. Il primo è costituito dal fatto che l’analisi si ferma alla Seconda guerra mondiale, un paio di decenni prima della nascita della piazza finanziaria ticinese nelle dimensioni odierne. È da sperare che l’autore prosegua, una volta o l’altra, il suo sforzo e ci regali una continuazione della sua storia, esaminando anche i decenni del forte sviluppo del secondo dopoguerra. L’altro limite è rappresentato dal fatto che, per il momento almeno, il testo di Pietro Nosetti è disponibile solo in francese. La sua importanza è però tale che al lettore di lingua italiana non si può che raccomandare di fare il piccolo sforzo che gli verrà richiesto per leggerlo nella versione ora disponibile. (Angelo Rossi) Zitierweise: Rossi, Angelo: Rezension zu: Nosetti, Pietro: Le secteur bancaire tessinois, Origines, crises et transformations (1861-1939), Neuchâtel 2018. Zuerst erschienen in: |http://www.archiviostoricoticinese.ch/|Archivio Storico Ticinese|, 2019, Vol. 165, pagine 151-154." 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C’est que le développement bancaire du Tessin, partant celui, plus tardif, de la place financière tessinoise, est déterminé par deux données lourdes: la persistance, jusque dans les années 1920, d’une économie de subsistance à nette dominante rurale, peu ou pas demandeuse de capitaux, malgré le développement, vers la fin du XIXe siècle, de certaines branches d’industrie et du tourisme; une situation géographique particulière, à la fois en périphérie de la Confédération et aux marches septentrionales d’un des pôles économiques les plus dynamiques d’Europe continentale. Réduite à fonctionner comme une sorte de pont entre l’Italie du Nord et la Suisse alémanique, coincée pour ainsi dire entre Milan et Zurich, la place tessinoise a pu être décrite, en forçant à peine le trait, comme une « succursale de la place financière zurichoise, surplombant la péninsule voisine, sans grandes relations avec le reste de l'économie du canton ».[1] On disposait déjà d’une historiographie d’assez bonne tenue, certes un peu datée, sur l’histoire des banques tessinoises d’avant la Seconde guerre mondiale.[2] Celle-ci vient de s’enrichir de deux titres: en 2015, avec la parution de l’ouvrage d’Enrico Berbenni[3], qui porte sur la période 1850–2000, et propose une interrogation stimulante sur la notion de « banques de frontière » dans une perspective d’histoire transrégionale; en 2018, avec la publication de la thèse de doctorat de Pietro Nosetti, consacrée au « secteur bancaire tessinois » entre 1861 et 1939 – ouvrage qui fait l’objet du présent compte rendu. Disons-le d’emblée: instructive, la lecture de Nosetti ne renouvellera pas de fond en comble notre compréhension de l’histoire bancaire du Tessin. Elle nous aidera, en revanche, à affiner l’approche, à verser quelques pièces inédites au dossier, en attendant une synthèse qui donne à voir comment cette histoire est, à la fois, celle d’institutions bancaires dont l’émergence, au cours de la seconde moitié du XIXe siècle, est indissociable d’acteurs locaux et d’un contexte économique et politique cantonal spécifique, et celle d’un centre bancaire et financier off-shore, dont les bases sont jetées au début du XXe siècle déjà par des banquiers de Bâle ou de Zurich, de Milan ou de Turin et qui, s’il pèse de plus en plus lourd dans l’économie locale, est effectivement piloté par des intervenants extérieurs au Canton. Le livre de Pietro Nosetti est divisé en trois parties: un premier volet ouvre sur la genèse et le développement du secteur bancaire cantonal, entre 1861, date d’ouverture de la Banca Cantonale Ticinese, et 1913 (« Les origines et la formation du secteur bancaire tessinois », pp. 31–227); un deuxième volet, plus analytique, traite des crises qui ont frappé le monde bancaire tessinois durant cette même période (« Cycles et crises avant 1913 et éclatement du secteur bancaire tessinois en 1914 », pp. 229–345); la troisième partie de l’ouvrage porte sur la période 1914–1939 (« Les transformations du secteur bancaire tessinois » pp. 347–481). La périodisation en diptyque (1861–1913 et 1914–1939) est à mon avis trop large, et gomme certaines phases historiques significatives des ressorts du développement bancaire tessinois. Pour la période 1861–1913, il aurait été justifié de marquer une césure entre ce qui se joue avant et après les années 1870–1880, une décennie charnière, marquée par les travaux de percement du Gothard suivis, en 1882, de l’ouverture du tunnel ferroviaire, qui ouvre de nouvelles perspectives en matière de création d’instituts de banque. Entre autres exemples, la fondation à Lugano de la Banca della Svizzera Italiana (1873), dont l’acte de constitution est signé à Turin entre des industriels et commerçants tessinois associés à deux importantes banques de Suisse alémanique ainsi qu’à la Banca Generale di Roma, s’inscrit dans ce contexte. Elle est, par ailleurs, emblématique de l’intérêt précoce des intervenants bancaires extérieurs pour ce canton frontière, désormais en passe d’être rattaché à la Confédération par les moyens de communication les plus modernes. De la même manière, on regretta que l’auteur n’ait pas fait mieux apparaître l’importance des années 1920 dans la transformation du Tessin en centre off-shore de la finance péninsulaire, privée et publique, qui s’exprime notamment dans la multiplication, sur cette période, de sociétés financières à capitaux italiens. On trouvera dans l’ouvrage de Pietro Nosetti, qui a eu accès à des fonds d’archives privés, beaucoup de matériaux pour nourrir la recherche et pour préciser des interrogations. Ainsi du rôle de l’épargne issue de la très forte émigration tessinoise durant la seconde moitié du XIXe siècle, et des relations tissées, via la Banca Svizzera Americana, avec la Californie – sujets sur lesquels l’auteur apporte des éléments fort intéressants. Ainsi, également, de la destination, de la répartition et de l’évolution, par secteur économique, des emplois des banques tessinoises sur l’ensemble de la période étudiée: il s’agit là, sans aucun doute, d’une des grandes valeurs ajoutées de cet ouvrage. En revanche, j’aurais apprécié que Nosetti approfondisse sa réflexion sur certains sujets. Le caractère éminemment politique des premiers instituts fondés par les élites locales est signalé mais finalement peu interrogé. Or ceux-ci servent, jusqu’en 1914 au moins, de masse de manœuvre dans des luttes politiques internes polarisées à l’extrême, alors même que la notion de clientèle commerciale et de clientèle électorale tend à se confondre dans une indifférenciation qui n’est pas propre au seul cas tessinois. Autre regret: la thèse du « retard » de développement des structures bancaires locales, sur laquelle l’auteur insiste beaucoup. Elle ne me paraît pas avoir une grande portée heuristique, ne serait-ce que parce que l’état de croissance d’un appareil de crédit n’est jamais, au final, que le reflet des conditions économiques et socio-politiques dans lesquelles il s’insère. Dans le cas du Tessin, ce qui frappe ce n’est pas tant un retard en matière d’outillage bancaire, qu’au contraire une disproportion rapidement croissante, sans doute problématique dès avant la Première Guerre mondiale, entre une tendance à l’hypertrophie du secteur bancaire local, due en partie au drainage des épargnes d’outre-frontière, et les besoins réduits de l’économie cantonale. L’auteur parle d’« entrée en scène tardive » (p. 221) des grandes banques suisses au Tessin et on ne le suivra pas non plus sur cette voie: la Société de Banque Suisse s’installe à Chiasso en 1908 et le Crédit Suisse à Lugano en 1913, de manière contemporaine – ni plus tôt ni plus tard – à leur première phase d’expansion historique sur le territoire helvétique. Elles viennent chercher au sud des Alpes un relais direct vers l’Italie, où les investissements industriels suisses sont alors très importants. Mais comme à Genève ou dans l’Arc lémanique, leur présence au Tessin s’explique aussi et déjà par la proximité recherchée avec une clientèle de riches déposants étrangers qui fuient la gourmandise de leurs administrations fiscales nationales. La partie centrale de l’étude, qui porte sur les crises du secteur bancaire tessinois avant la Première Guerre mondiale et, en particulier, sur celle, retentissante, de 1914, dont Nosetti analyse avec finesse les conséquences, pour être bien documentée, présente un biais méthodologique qu’on retrouve souvent dans l’historiographie afférente au sujet: celui de l’historien qui se fait juge des conduites des acteurs historiques et ne manque pas d’administrer ex post ses leçons de « bonne gestion » bancaire, plutôt que de s’employer à tenter de comprendre les raisons qui ont orienté l’action des banquiers de l’époque. Enfin, la troisième partie de l’enquête, qui traite des transformations du secteur dans l’Entre-deux-guerres, paraît touffue et participe de choix discutables: pourquoi, par exemple, avoir réservé une portion si congrue au chapitre sur la « nouvelle relation avec l’Italie » (pp. 454–477), alors qu’il s’agit d’évidence d’une problématique centrale pour saisir les enjeux de la période? On aurait aimé que Nosetti, qui mentionne certes la _Neue Zürcher Zeitung_ dans ses sources, ait recouru davantage, en tant que base documentaire, au dépouillement de la grande presse nationale et des publications bancaires d’époque. L’ouvrage, qui compte 20 graphiques, 78 tableaux et 24 annexes, est incontestablement informé et informatif. Il se ressent toutefois, quant à sa rédaction, d’une logique d’exposition par trop cumulative, empilage de longs résumés de lectures théoriques ou historiographiques parfois inutiles, au détriment, me semble-t-il, de l’articulation de problématiques qui peinent à émerger. Sans doute un travail de réécriture plus consistant à partir du manuscrit de thèse aurait-t-il permis d’alléger, voire d’affûter, le produit final qu’on recommandera, malgré les réserves exprimées, à quiconque s’intéresse à l’histoire bancaire suisse. Notes: [1] Sandro Guzzi-Heeb, Per una storia economica del Canton Ticino in: Jean-Jacques Bergier (édit.), Storia economica della Svizzera, Lugano 1984, pp. 313–360, ici pp. 352–353. [2] On pourra se reporter à la bibliographie de l’ouvrage. Voir toutefois, et notamment, Carl Kronauer, Gli Istituti Di Credito Ticinesi Dalla Loro Fondazione Fino al 1912, Zurigo 1918; Carl Kuster, Die Tessiner Bankkrise 1914, Lugano 1920; Virginio Mazzolini, La Banche nel Ticino, Roveredo 1946; Paolo Cornaro, Le Banche Ticinesi. Premesse, Vicende, Realtà, Bellinzona 1969; Angelo Rossi, Autopsia degli scandali bancari della “Belle Epoque” [1988] in: Angelo Rossi (édit.), Tessere. Saggi sull’economia ticinese, Bellinzona 2010, pp. 129–152. [3] Enrico Berbenni, Banche di Frontiera, Credito e moneta sul confine italo-svizzero (secoli XIX-XX), Milano 2015." 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Come nel resto della Svizzera, anche in Ticino la banca ha due certificati di nascita. Dapprima nacque, all’inizio degli anni Trenta di quel secolo, come Cassa di risparmio. Nel 1861, invece, rinacque, per così dire, come Banca cantonale. La Cassa di risparmio era una banca sui generis, in quanto si limitava a raccogliere i modesti risparmi dell’economia cantonale per finanziare le attività dello Stato facendo pagare all’ente pubblico un tasso di interesse leggermente inferiore a quello che avrebbe dovuto versare indebitandosi presso i privati. L’attività della Cassa di risparmio era dunque limitata sia rispetto alla raccolta di capitali, sia rispetto al loro impiego. La Banca cantonale, che riprese quel che rimaneva della Cassa di risparmio, fu invece, sin dall’inizio, un istituto con sportelli aperti al pubblico, abilitato a condurre tutte le operazioni bancarie, limitatamente però al territorio del Canton Ticino. È indubbio che lo sviluppo del settore bancario costituisca una parte importante della storia economica del Cantone degli ultimi 150 anni. Tuttavia sinora la banca ticinese non aveva interessato, in modo particolare, gli storici che si erano curati dell’Ottocento e della cosiddetta fase del decollo dell’economia ticinese. Non esisteva finora, nella bibliografia degli scritti storici sulla banca ticinese, un’opera che, come quella di Nosetti, si occupasse, ad un tempo, e della storia dello sviluppo degli istituti e di quella del settore, operando con due ottiche: la prima, diciamo così micro-economica, focalizzata sul funzionamento degli istituti; la seconda, più meso-economica, concentrata sull’analisi del rapporto tra le banche e lo sviluppo dell’economia. La storia della banca ticinese di Nosetti che, è bene precisarlo, tratta dell’evoluzione di questo settore fino all’inizio del secondo conflitto mondiale, è divisa in tre parti. La prima è dedicata all’evoluzione dalla nascita della prima banca alla prima guerra mondiale mentre la terza illustra l’evoluzione nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. Tra queste due parti dedicate all’evoluzione di un periodo abbastanza lungo si inserisce la seconda, che invece considera praticamente un solo avvenimento: il fallimento di due banche e la liquidazione di una terza, tutte sopracenerine, all’inizio del 1914. Perché dedicare uno spazio così importante all’esame della crisi bancaria del 1914? Pensiamo per due ragioni. In primo luogo per la portata della stessa. Ma poi anche perché la crisi del 1914 determinò, nei decenni che seguirono, una ristrutturazione profonda del settore bancario ticinese. Il testo di Nosetti è completato da 24 allegati statistici, tabelle e grafici, illustranti aspetti particolari dell’analisi. Ma torniamo alla prima parte, vale a dire alla storia dell’evoluzione del settore bancario nella seconda metà dell’Ottocento e nel primo decennio del ventesimo secolo. Dal 1858 al 1903 vengono create in Ticino otto banche, quattro nel Sopraceneri, quattro nel Sottoceneri. Di questi istituti, oggi, non ne sopravvive nessuno. Il primo a sparire fu la banca Agricola Commerciale di Lugano, fondata nel 1903 e ripresa dal Credito Ticinese nel 1908. L’ultimo a cessare la sua attività è stata la Banca della Svizzera Italiana, fondata nel 1873 e ripresa da EFG International nel 2017. La storia delle banche ticinesi, prima del primo conflitto mondiale, è la storia dello sviluppo di questi otto istituti. La loro attività si distingue chiaramente in primo luogo per la diversa localizzazione, ma poi anche per caratteristiche che risalgono al management o alla missione assegnata a ciascuna di loro. Vi erano per esempio banche di emissione, ossia che emettevano moneta (almeno fino a quando, nel 1907, non fece la sua apparizione la Banca nazionale che ricevette il monopolio dell’emissione di moneta). Mentre vi erano banche che si concentravano sul mercato ticinese (la Banca cantonale doveva addirittura farlo per disposizione statutaria) o che erano attive anche in Italia o, addirittura, in questo periodo, negli Stati Uniti, in particolare in California. Nosetti presenta l’evoluzione di ciascuna banca analizzando le maggiori componenti dei suoi conti. In seguito cerca anche di fare il bilancio dei rapporti di queste banche con l’economia ticinese, da un lato, e con l’economia italiana dall’altro, sia per quanto riguarda la raccolta di capitali, sia, naturalmente, per quel che concerne il loro collocamento. Una delle caratteristiche del primo periodo di sviluppo dell’attività bancaria è rappresentata dal fatto che i rapporti con il mondo bancario di oltre San Gottardo, se si eccettua l’arrivo in Ticino di qualche dirigente, non sono molto importanti. La prima filiale di banca svizzera si istallerà in Ticino solo nel 1908. Per dare un’idea di come l’attività bancaria si sviluppa, tra il 1860 e la Prima guerra mondiale, ricorderemo che la cifra di bilancio complessiva crebbe da 4 milioni, nel 1860, a 145 nel 1910, vale a dire a un tasso annuale vicino al 7.5%. Nello stesso periodo la cifra di bilancio del settore bancario elvetico crebbe al tasso annuale del 6.1%. La terza parte della storia bancaria di Nosetti concerne il periodo tra le due guerre mondiali. Come si sa, la Grande guerra doveva cambiare sostanzialmente la situazione in materia di politica monetaria per la Svizzera. 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Anche se, come già era stato il caso per il periodo precedente la Prima guerra mondiale, continuava a disporre di risorse che superavano la capacità di assorbimento regionale, il settore bancario ticinese, memore del cataclisma del 1914, non seguì, nel periodo interbellico, la tendenza all’internazionalizzazione dell’attività delle grandi banche. È vero che, nonostante l’accresciuta prudenza nei collocamenti, si continuò a investire sia nel resto della Svizzera, sia in Italia. Ma, contrariamente al primo periodo di sviluppo, i mezzi investiti in Svizzera diventarono più importanti di quelli investiti in Italia. Anzi, l’Italia cominciò a diventare un fornitore di capitali avviando una tendenza che si svilupperà in proporzioni inattese dopo la Seconda guerra mondiale. In questo secondo periodo, la cifra di bilancio delle dieci banche esaminate da Nosetti, salì da 91 milioni nel 1914, a 265 milioni alla fine del 1939. 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La sua importanza è però tale che al lettore di lingua italiana non si può che raccomandare di fare il piccolo sforzo che gli verrà richiesto per leggerlo nella versione ora disponibile. (Angelo Rossi) Zitierweise: Rossi, Angelo: Rezension zu: Nosetti, Pietro: Le secteur bancaire tessinois, Origines, crises et transformations (1861-1939), Neuchâtel 2018. Zuerst erschienen in: |http://www.archiviostoricoticinese.ch/|Archivio Storico Ticinese|, 2019, Vol. 165, pagine 151-154." 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Disons-le d’emblée: instructive, la lecture de Nosetti ne renouvellera pas de fond en comble notre compréhension de l’histoire bancaire du Tessin. Elle nous aidera, en revanche, à affiner l’approche, à verser quelques pièces inédites au dossier, en attendant une synthèse qui donne à voir comment cette histoire est, à la fois, celle d’institutions bancaires dont l’émergence, au cours de la seconde moitié du XIXe siècle, est indissociable d’acteurs locaux et d’un contexte économique et politique cantonal spécifique, et celle d’un centre bancaire et financier off-shore, dont les bases sont jetées au début du XXe siècle déjà par des banquiers de Bâle ou de Zurich, de Milan ou de Turin et qui, s’il pèse de plus en plus lourd dans l’économie locale, est effectivement piloté par des intervenants extérieurs au Canton. Le livre de Pietro Nosetti est divisé en trois parties: un premier volet ouvre sur la genèse et le développement du secteur bancaire cantonal, entre 1861, date d’ouverture de la Banca Cantonale Ticinese, et 1913 (« Les origines et la formation du secteur bancaire tessinois », pp. 31–227); un deuxième volet, plus analytique, traite des crises qui ont frappé le monde bancaire tessinois durant cette même période (« Cycles et crises avant 1913 et éclatement du secteur bancaire tessinois en 1914 », pp. 229–345); la troisième partie de l’ouvrage porte sur la période 1914–1939 (« Les transformations du secteur bancaire tessinois » pp. 347–481). La périodisation en diptyque (1861–1913 et 1914–1939) est à mon avis trop large, et gomme certaines phases historiques significatives des ressorts du développement bancaire tessinois. Pour la période 1861–1913, il aurait été justifié de marquer une césure entre ce qui se joue avant et après les années 1870–1880, une décennie charnière, marquée par les travaux de percement du Gothard suivis, en 1882, de l’ouverture du tunnel ferroviaire, qui ouvre de nouvelles perspectives en matière de création d’instituts de banque. Entre autres exemples, la fondation à Lugano de la Banca della Svizzera Italiana (1873), dont l’acte de constitution est signé à Turin entre des industriels et commerçants tessinois associés à deux importantes banques de Suisse alémanique ainsi qu’à la Banca Generale di Roma, s’inscrit dans ce contexte. Elle est, par ailleurs, emblématique de l’intérêt précoce des intervenants bancaires extérieurs pour ce canton frontière, désormais en passe d’être rattaché à la Confédération par les moyens de communication les plus modernes. De la même manière, on regretta que l’auteur n’ait pas fait mieux apparaître l’importance des années 1920 dans la transformation du Tessin en centre off-shore de la finance péninsulaire, privée et publique, qui s’exprime notamment dans la multiplication, sur cette période, de sociétés financières à capitaux italiens. On trouvera dans l’ouvrage de Pietro Nosetti, qui a eu accès à des fonds d’archives privés, beaucoup de matériaux pour nourrir la recherche et pour préciser des interrogations. Ainsi du rôle de l’épargne issue de la très forte émigration tessinoise durant la seconde moitié du XIXe siècle, et des relations tissées, via la Banca Svizzera Americana, avec la Californie – sujets sur lesquels l’auteur apporte des éléments fort intéressants. Ainsi, également, de la destination, de la répartition et de l’évolution, par secteur économique, des emplois des banques tessinoises sur l’ensemble de la période étudiée: il s’agit là, sans aucun doute, d’une des grandes valeurs ajoutées de cet ouvrage. En revanche, j’aurais apprécié que Nosetti approfondisse sa réflexion sur certains sujets. Le caractère éminemment politique des premiers instituts fondés par les élites locales est signalé mais finalement peu interrogé. Or ceux-ci servent, jusqu’en 1914 au moins, de masse de manœuvre dans des luttes politiques internes polarisées à l’extrême, alors même que la notion de clientèle commerciale et de clientèle électorale tend à se confondre dans une indifférenciation qui n’est pas propre au seul cas tessinois. Autre regret: la thèse du « retard » de développement des structures bancaires locales, sur laquelle l’auteur insiste beaucoup. Elle ne me paraît pas avoir une grande portée heuristique, ne serait-ce que parce que l’état de croissance d’un appareil de crédit n’est jamais, au final, que le reflet des conditions économiques et socio-politiques dans lesquelles il s’insère. Dans le cas du Tessin, ce qui frappe ce n’est pas tant un retard en matière d’outillage bancaire, qu’au contraire une disproportion rapidement croissante, sans doute problématique dès avant la Première Guerre mondiale, entre une tendance à l’hypertrophie du secteur bancaire local, due en partie au drainage des épargnes d’outre-frontière, et les besoins réduits de l’économie cantonale. L’auteur parle d’« entrée en scène tardive » (p. 221) des grandes banques suisses au Tessin et on ne le suivra pas non plus sur cette voie: la Société de Banque Suisse s’installe à Chiasso en 1908 et le Crédit Suisse à Lugano en 1913, de manière contemporaine – ni plus tôt ni plus tard – à leur première phase d’expansion historique sur le territoire helvétique. Elles viennent chercher au sud des Alpes un relais direct vers l’Italie, où les investissements industriels suisses sont alors très importants. Mais comme à Genève ou dans l’Arc lémanique, leur présence au Tessin s’explique aussi et déjà par la proximité recherchée avec une clientèle de riches déposants étrangers qui fuient la gourmandise de leurs administrations fiscales nationales. La partie centrale de l’étude, qui porte sur les crises du secteur bancaire tessinois avant la Première Guerre mondiale et, en particulier, sur celle, retentissante, de 1914, dont Nosetti analyse avec finesse les conséquences, pour être bien documentée, présente un biais méthodologique qu’on retrouve souvent dans l’historiographie afférente au sujet: celui de l’historien qui se fait juge des conduites des acteurs historiques et ne manque pas d’administrer ex post ses leçons de « bonne gestion » bancaire, plutôt que de s’employer à tenter de comprendre les raisons qui ont orienté l’action des banquiers de l’époque. Enfin, la troisième partie de l’enquête, qui traite des transformations du secteur dans l’Entre-deux-guerres, paraît touffue et participe de choix discutables: pourquoi, par exemple, avoir réservé une portion si congrue au chapitre sur la « nouvelle relation avec l’Italie » (pp. 454–477), alors qu’il s’agit d’évidence d’une problématique centrale pour saisir les enjeux de la période? On aurait aimé que Nosetti, qui mentionne certes la _Neue Zürcher Zeitung_ dans ses sources, ait recouru davantage, en tant que base documentaire, au dépouillement de la grande presse nationale et des publications bancaires d’époque. L’ouvrage, qui compte 20 graphiques, 78 tableaux et 24 annexes, est incontestablement informé et informatif. Il se ressent toutefois, quant à sa rédaction, d’une logique d’exposition par trop cumulative, empilage de longs résumés de lectures théoriques ou historiographiques parfois inutiles, au détriment, me semble-t-il, de l’articulation de problématiques qui peinent à émerger. Sans doute un travail de réécriture plus consistant à partir du manuscrit de thèse aurait-t-il permis d’alléger, voire d’affûter, le produit final qu’on recommandera, malgré les réserves exprimées, à quiconque s’intéresse à l’histoire bancaire suisse. Notes: [1] Sandro Guzzi-Heeb, Per una storia economica del Canton Ticino in: Jean-Jacques Bergier (édit.), Storia economica della Svizzera, Lugano 1984, pp. 313–360, ici pp. 352–353. [2] On pourra se reporter à la bibliographie de l’ouvrage. Voir toutefois, et notamment, Carl Kronauer, Gli Istituti Di Credito Ticinesi Dalla Loro Fondazione Fino al 1912, Zurigo 1918; Carl Kuster, Die Tessiner Bankkrise 1914, Lugano 1920; Virginio Mazzolini, La Banche nel Ticino, Roveredo 1946; Paolo Cornaro, Le Banche Ticinesi. Premesse, Vicende, Realtà, Bellinzona 1969; Angelo Rossi, Autopsia degli scandali bancari della “Belle Epoque” [1988] in: Angelo Rossi (édit.), Tessere. Saggi sull’economia ticinese, Bellinzona 2010, pp. 129–152. [3] Enrico Berbenni, Banche di Frontiera, Credito e moneta sul confine italo-svizzero (secoli XIX-XX), Milano 2015." 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Nosetti: Le secteur bancaire tessinois | infoclio - Rezensionen

P. Nosetti: Le secteur bancaire tessinois

Cover
Titel
Le secteur bancaire tessinois. Origines, crises et transformations (1861-1939)


Autor(en)
Nosetti, Pietro
Erschienen
Neuchâtel 2018: Éditions Alphil
Anzahl Seiten
573 S.
Preis
URL
von
Angelo Rossi

La banca è in Ticino un’istituzione che risale all’Ottocento, al periodo in cui l’economia cantonale cominciò ad uscire dalla lunga fase semi-autarchica per indirizzarsi verso i mercati, in particolare verso l’emergente mercato nazionale. Come nel resto della Svizzera, anche in Ticino la banca ha due certificati di nascita. Dapprima nacque, all’inizio degli anni Trenta di quel secolo, come Cassa di risparmio. Nel 1861, invece, rinacque, per così dire, come Banca cantonale. La Cassa di risparmio era una banca sui generis, in quanto si limitava a raccogliere i modesti risparmi dell’economia cantonale per finanziare le attività dello Stato facendo pagare all’ente pubblico un tasso di interesse leggermente inferiore a quello che avrebbe dovuto versare indebitandosi presso i privati. L’attività della Cassa di risparmio era dunque limitata sia rispetto alla raccolta di capitali, sia rispetto al loro impiego. La Banca cantonale, che riprese quel che rimaneva della Cassa di risparmio, fu invece, sin dall’inizio, un istituto con sportelli aperti al pubblico, abilitato a condurre tutte le operazioni bancarie, limitatamente però al territorio del Canton Ticino.

È indubbio che lo sviluppo del settore bancario costituisca una parte importante della storia economica del Cantone degli ultimi 150 anni. Tuttavia sinora la banca ticinese non aveva interessato, in modo particolare, gli storici che si erano curati dell’Ottocento e della cosiddetta fase del decollo dell’economia ticinese. Non esisteva finora, nella bibliografia degli scritti storici sulla banca ticinese, un’opera che, come quella di Nosetti, si occupasse, ad un tempo, e della storia dello sviluppo degli istituti e di quella del settore, operando con due ottiche: la prima, diciamo così micro-economica, focalizzata sul funzionamento degli istituti; la seconda, più meso-economica, concentrata sull’analisi del rapporto tra le banche e lo sviluppo dell’economia.

La storia della banca ticinese di Nosetti che, è bene precisarlo, tratta dell’evoluzione di questo settore fino all’inizio del secondo conflitto mondiale, è divisa in tre parti. La prima è dedicata all’evoluzione dalla nascita della prima banca alla prima guerra mondiale mentre la terza illustra l’evoluzione nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. Tra queste due parti dedicate all’evoluzione di un periodo abbastanza lungo si inserisce la seconda, che invece considera praticamente un solo avvenimento: il fallimento di due banche e la liquidazione di una terza, tutte sopracenerine, all’inizio del 1914. Perché dedicare uno spazio così importante all’esame della crisi bancaria del 1914? Pensiamo per due ragioni. In primo luogo per la portata della stessa. Ma poi anche perché la crisi del 1914 determinò, nei decenni che seguirono, una ristrutturazione profonda del settore bancario ticinese. Il testo di Nosetti è completato da 24 allegati statistici, tabelle e grafici, illustranti aspetti particolari dell’analisi.

Ma torniamo alla prima parte, vale a dire alla storia dell’evoluzione del settore bancario nella seconda metà dell’Ottocento e nel primo decennio del ventesimo secolo. Dal 1858 al 1903 vengono create in Ticino otto banche, quattro nel Sopraceneri, quattro nel Sottoceneri. Di questi istituti, oggi, non ne sopravvive nessuno. Il primo a sparire fu la banca Agricola Commerciale di Lugano, fondata nel 1903 e ripresa dal Credito Ticinese nel 1908. L’ultimo a cessare la sua attività è stata la Banca della Svizzera Italiana, fondata nel 1873 e ripresa da EFG International nel 2017. La storia delle banche ticinesi, prima del primo conflitto mondiale, è la storia dello sviluppo di questi otto istituti. La loro attività si distingue chiaramente in primo luogo per la diversa localizzazione, ma poi anche per caratteristiche che risalgono al management o alla missione assegnata a ciascuna di loro. Vi erano per esempio banche di emissione, ossia che emettevano moneta (almeno fino a quando, nel 1907, non fece la sua apparizione la Banca nazionale che ricevette il monopolio dell’emissione di moneta). Mentre vi erano banche che si concentravano sul mercato ticinese (la Banca cantonale doveva addirittura farlo per disposizione statutaria) o che erano attive anche in Italia o, addirittura, in questo periodo, negli Stati Uniti, in particolare in California. Nosetti presenta l’evoluzione di ciascuna banca analizzando le maggiori componenti dei suoi conti. In seguito cerca anche di fare il bilancio dei rapporti di queste banche con l’economia ticinese, da un lato, e con l’economia italiana dall’altro, sia per quanto riguarda la raccolta di capitali, sia, naturalmente, per quel che concerne il loro collocamento. Una delle caratteristiche del primo periodo di sviluppo dell’attività bancaria è rappresentata dal fatto che i rapporti con il mondo bancario di oltre San Gottardo, se si eccettua l’arrivo in Ticino di qualche dirigente, non sono molto importanti. La prima filiale di banca svizzera si istallerà in Ticino solo nel 1908. Per dare un’idea di come l’attività bancaria si sviluppa, tra il 1860 e la Prima guerra mondiale, ricorderemo che la cifra di bilancio complessiva crebbe da 4 milioni, nel 1860, a 145 nel 1910, vale a dire a un tasso annuale vicino al 7.5%. Nello stesso periodo la cifra di bilancio del settore bancario elvetico crebbe al tasso annuale del 6.1%.

La terza parte della storia bancaria di Nosetti concerne il periodo tra le due guerre mondiali. Come si sa, la Grande guerra doveva cambiare sostanzialmente la situazione in materia di politica monetaria per la Svizzera. All’uscita della stessa, infatti, cessava di esistere la cosiddetta Unione monetaria latina che aveva riunito Belgio, Francia, Italia e Svizzera per 50 anni circa attorno alla divisa francese imponendo praticamente una politica monetaria comune e tassi di cambio praticamente fissi. La Svizzera riacquistava quindi la capacità di dettare la propria politica monetaria e questo fatto, unito alle difficoltà economiche di cui soffrivano la maggioranza dei Paesi che avevano partecipato alla guerra, portò rapidamente a un rafforzamento del franco svizzero e all’estensione dell’attività delle banche svizzere oltre i confini nazionali. In questo periodo, inoltre, il settore bancario svizzero si assesta: nascono le grandi banche che hanno filiali in più Cantoni, viene creata l’associazione bancaria svizzera, la Banca nazionale si afferma adagio adagio anche come istituto di controllo dell’attività bancaria e, nel 1934, entra in vigore la prima legge sulle banche.

Anche se, come già era stato il caso per il periodo precedente la Prima guerra mondiale, continuava a disporre di risorse che superavano la capacità di assorbimento regionale, il settore bancario ticinese, memore del cataclisma del 1914, non seguì, nel periodo interbellico, la tendenza all’internazionalizzazione dell’attività delle grandi banche. È vero che, nonostante l’accresciuta prudenza nei collocamenti, si continuò a investire sia nel resto della Svizzera, sia in Italia. Ma, contrariamente al primo periodo di sviluppo, i mezzi investiti in Svizzera diventarono più importanti di quelli investiti in Italia. Anzi, l’Italia cominciò a diventare un fornitore di capitali avviando una tendenza che si svilupperà in proporzioni inattese dopo la Seconda guerra mondiale. In questo secondo periodo, la cifra di bilancio delle dieci banche esaminate da Nosetti, salì da 91 milioni nel 1914, a 265 milioni alla fine del 1939. Il tasso di crescita annuale della cifra di bilancio quindi si ridusse, anche per le difficoltà determinate dalla crisi economica mondiale della prima metà degli anni trenta, al 4.2%. Ma, a livello nazionale, la riduzione nel tasso annuale di crescita della cifra di bilancio delmeremo qui ricordando ancora che la sua storia delle banche ticinesi, di fatto, non ha che due limiti. Il primo è costituito dal fatto che l’analisi si ferma alla Seconda guerra mondiale, un paio di decenni prima della nascita della piazza finanziaria ticinese nelle dimensioni odierne. È da sperare che l’autore prosegua, una volta o l’altra, il suo sforzo e ci regali una continuazione della sua storia, esaminando anche i decenni del forte sviluppo del secondo dopoguerra. L’altro limite è rappresentato dal fatto che, per il momento almeno, il testo di Pietro Nosetti è disponibile solo in francese. La sua importanza è però tale che al lettore di lingua italiana non si può che raccomandare di fare il piccolo sforzo che gli verrà richiesto per leggerlo nella versione ora disponibile. (Angelo Rossi)

Zitierweise:
Rossi, Angelo: Rezension zu: Nosetti, Pietro: Le secteur bancaire tessinois, Origines, crises et transformations (1861-1939), Neuchâtel 2018. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 165, pagine 151-154.

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Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 165, pagine 151-154.

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